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dai GIORNALI di OGGIUniamo le energie: "Le rinnovabili ci libereranno dal petrolio" 2009-10-10 |
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2009-10-10 Uniamo le energie: "Le rinnovabili ci libereranno dal petrolio" 9 ottobre 2009
Convertire il mondo alle energie rinnovabili, liberandolo dalla dipendenza dal petrolio, si può. E un'occasione ideale come quella attuale, dove il sistema economico dominante che gira attorno all'oro nero ha dimostrato tutti i suoi limiti andando in testa coda, probabilmente non capiterà mai più. E' questo il messaggio di fondo emerso da "Uniamo le Energie", la kermesse dedicata alla sostenibilità ambientale organizzata dalla Regione Piemonte nell'area di 7mila metri quadrati di Torino Esposizioni. Oltre al petrolio, dalla manifestazione - che ha preso il via mercoledì 7 ottobre e si concluderà domenica 11 e che viaggia con una media di 4mila visitatori al giorno (tra imprese, pubblica amministrazione, esperti e famiglie) - è uscito sconfitto anche il nucleare. "Una centrale nucleare costa 5 miliardi di euro e produce pochissimi posti di lavoro - ha spiegato Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, intervistata dalla soubrette televisiva Ilaria D'Amico -. Se utilizzassimo questa cifra nel settore delle energie rinnovabili produrremo migliaia di nuovi posti e cureremmo la salute del nostro pianeta. Anche se i rischi del nucleare sono limitati, non possiamo in ogni caso permetterceli - ha proseguito la Bresso -. Perché in caso di incidente perderemmo in pratica l'area del Po, da cui produciamo metà del cibo italiano. Mezza Italia andrebbe buttata via". Ecco, in sintesi, gli spunti emersi da "Uniamo le Energie", che nel week end proporrà ai visitatori anche momenti dedicati al divertimento, fra cui un gran premio con go-kart alimentati a idrogeno e la visione di film dedicati ai temi del risparmio energetico, nell'ambito della rassegna Festival CinemAmbiente. Agricoltura. Anche l'agricoltura può e deve dare una mano al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale. Come? "Attraverso i mercatini a filiera corta che consentono di ottenere prodotti locali con la certezza della qualità con pochi posti di trasporto - ha spiegato Mino Taricco, assessore all'Agricoltura della Regione Piemonte -. Una funzione importante in tal senso la giocano anche i gruppi di acquisto solidale o gli abbonamenti spesa: gruppi di dieci agricoltori che offrono a centinaia di famiglie il fabbisogno settimanale di prodotti agricoli". Bioedilizia. L'integrazione delle tecnologie solari con il patrimonio edilizio è un passaggio indispensabile per spingere la "green economy". Un passaggio in cui si intersecano sia il "Piano casa" del governo e la nuova direttiva europea sull'eco-design: finora ristretta alle apparecchiature che consumano energia, sarà approvata a breve la nuova versione che estende il campo di applicazione a tutti i prodotti collegati all'energia, coinvolgendo quindi nuovi beni quali quelli per l'edilizia e la distribuzione dell'acqua. Consumi. Oggi le case delle famiglie consumano l'80% in più dell'energia effettivamente necessaria. Per ridurre questa percentuale basterebbe seguire le disposizioni vigenti e utilizzare le tecnologie attualmente a disposizione. Direttiva. Il modello da seguire per tutti è la direttiva comunitaria 20/20/20 che impone tre macro-obiettivi per i Paesi membri, da raggiungere entro il 2020: ridurre i consumi di energia primaria del 20%, abbattere le emissioni di Co2 del 20%; coprire almeno il 20% del fabbisogno energetico mediante l'uso di fonti rinnovabili. Fotovoltaico. Il fotovoltaico - che permette di ricavare energia elettrica dall'energia solare - è uno dei cardini della green economy. Nel mix di fonti rinnovabili che il Piemonte intende utilizzare per raggiungere l'obiettivo europeo del 20%, il fotovoltaico dovrebbe dare un contributo del 2,4 per cento. Gorbaciov. L'ex leader dell'Unione Sovietica è oggi a capo del World Political Forum con il presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso. Gorbaciov ha inviato un messaggio scritto ai visitatori di "Uniamo le Energie" spiegando che "l'unico futuro possibile, ed anche l'unico futuro senza guerra, è quello in cui il consumo di energia derivante da fonti rinnovabili arrivi non al 20 o al 50%, ma al 100 per cento. A quelli che ci dicono che la crisi è finita e che il peggio è alle spalle - ha proseguito - vorrei dire che ci stanno ingannando. La crisi c'è e, secondo ogni ragionevole previsione, ci resteremo a lungo. Per la semplice ragione che quel tipo di sviluppo che ci ha sostenuto fino ad oggi non è più procrastinabile per l'apparizione dei "limiti". Che sono molteplici e invalicabili. Intendo dire che, anche se dal punto di vista delle energie tradizionali non ci fosse un'urgenza drammatica, e io ritengo invece che questa urgenza ci sia, noi dovremo fronteggiare comunque il problema del riscaldamento climatico che, anche da solo, costituisce un rompicapo di una difficoltà senza precedenti nell'intera storia dell'umanità". Idrogeno. Tra le rinnovabili l'idrogeno gioca un ruolo decisivo per le sue potenzialità a "impatto zero". Si è parlato anche di questo a "Uniamo le Energie". Sabato 10 ottobre infatti si svolgerà una competizione di go-kart per dimostrare che le tecnologie a idrogeno per la mobilità, e quindi alla sostenibilità ambientale (zero emissioni di CO2) nell'atmosfera, si possono coniugare con spettacolo e sport. Inoltre, la kermesse ospita la terza edizione di HisyDays, un congresso mondiale dei giovani ricercatori (under 35) impegnati nel campo dell'idrogeno. Fino a domenica parteciperanno, e mostreranno i loro ultimi progetti, 74 studiosi che provengono da 20 nazioni diverse, tra cui Usa, Giappone, Bahrain e Sudafrica.
Uniamo le energie: "Le rinnovabili ci libereranno dal petrolio" di Vito Lops [pagina precedente] Pagina: 1 2 di 2 commenti - | condividi su Facebook|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 9 ottobre 2009 "... PAGINA PRECEDENTE Obama. Il presidente degli Stati Uniti ha fatto della "green economy" uno dei suoi cavalli di battaglia. Oggi Obama è stato insignito del premio Nobel per la pace ed è stato lungamente applaudito dagli esperti che hanno partecipato a "Uniamo le Energie". Petrolio. L'oro nero è considerato il nemico numero uno dai sostenitori della green economy. Molti i film proiettati nel corso della manifestazione Festival CinemAmbiente che evidenziano gli effetti nefasti che il petrolio produce sull'ambiente. Per Mercedes Bresso "l'unico motivo per cui sino ad oggi la tecnologia del solare è stata bloccata è dovuto alle lobby petrolifere. Ma adesso voglio essere ottimista. L'importante è che l'attenzione sul solare e sulle rinnovabili resti alta anche qualora il prezzo del petrolio dovesse ritornare a scendere". Sole. "Nel 2050 l'Onu prevede che ci saranno 3 miliardi di abitanti in più sulla Terra. Se rinunciamo al petrolio, al nucleare, al carbone e a tutte le energie inquinanti riusciremo con il sole e le rinnovabili a soddisfare il fabbisogno energetico mondiale" ha chiesto Ilaria D'Amico a Mercedes Bresso che ha risposto: "Sì, il Sole produce più energia di quanta l'umanità abbia bisogno". Termico. Si intreccia con le novità in programma in tema di bioedilizia. Secondo Paolo Peveraro, vicepresidente della Regione Piemonte "i consumi termici del settore sanitario piemontese caleranno del 18% entro il 2020 nello scenario migliore derivante dall'efficientamento del patrimonio edilizio sanitario fino al 2020". 9 ottobre 2009
Yi Cui: "Le nuove batterie al litio dureranno dieci volte di più" di Luca Salvioli commenti - | condividi su Facebook|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 1 ottobre 2009 Yi Cui sorride e gesticola come un bambino quando spiega i risultati ottenuti in laboratorio. Si fa serio e misterioso quando passa al business plan della sua azienda. A 33 anni ha già fatto un sacco di cose. A partire dalla laurea in Chimica alla University of science and technology di Hefei, in Cina, nel 1998. Poi il dottorato ad Harvard, la ricerca a Berkley, nel 2004, e il titolo, a 28 anni, di "World Top 100 Young Innovator Award" assegnato da Technology Review. Dal 2005 è professore associato a Stanford, dove si occupa di ricerca energetica a livello nanotecnologico. "Sì, ho fatto un sacco di cose. La più difficile è sapere cosa si vuole dalla vita, avere un obiettivo chiaro. Per me è sviluppare tecnologie che possano aiutare la società. La seconda regola è che bisogna lavorare duro. Quando ero al liceo giocavo a calcio tutti i giorni. Durante l'università una volta alla settimana. Ora che sono professore una volta al mese. Ah… poi c'è al terza regola: ci vuole fortuna". Nel 2007 ha pubblicato su Nature i risultati di una sperimentazione su una nuova generazione di batterie agli ioni di litio. "Stiamo cercando di aumentare in maniera rilevante la quantità di energia contenuta in una batteria – spiega a Nòva24 Yi Cui, in Italia per qualche giorno ospite del "Chemistry and physics of materials for energetics", la scuola dedicata ai materiali per le applicazioni energetiche dell'Università di Milano-Bicocca -. Quelle agli ioni di litio oggi alimentano ogni device elettronico, dall'iPhone al laptop. Solo che la densità energetica non è alta. Durano poco, sono ingombranti: un problema evidente se pensiamo all'auto elettrica". Il gruppo di ricerca di Stanford ha risolto il problema partendo dall'anodo. Generalmente è fatto di atomi di carbonio, materiale che non ha una grande capacità di immagazzinamento degli ioni di litio. "Lo abbiamo sostituito con i nanofili di silicio, riuscendo ad aumentare l'assorbimento, e quindi l'efficienza della batteria, di dieci volte". Un passo alla volta. Il primo è uscito dai laboratori e ha portato Yi Cui a fondare una start-up per commercializzare le nuove batterie. "E' nata a febbraio grazie al sostegno di un venture capital – continua -. Vogliamo fare un prototipo commerciale nei prossimi 3-4 anni. Partiremo dai laptop. Produrre batterie per le auto richiede cinque anni di sviluppo". Il secondo passo, quello del catodo, per ora è fermo nei laboratori di Stanford: "Se ce la facessimo anche lì potremmo migliorare l'efficienza delle batterie odierne dell'80%". "Con Obama i fondi dedicati alla ricerca sono aumentati – afferma Yi Cui -. Il mio gruppo di lavoro può contare su 2,5 milioni di dollari all'anno, ma sono destinati a diversi progetti, non solo alle batterie". Quanto all'auto elettrica, ha una visione chiara. "Una volta che le batterie consentiranno di fare trecento chilometri senza ricarica non ci saranno problemi. Poi si ferma la macchina in box e la si ricarica in un paio d'ore. La maggior parte delle persone non usa la macchina per più chilometri. Se proprio ne ha bisogno, può optare per una soluzione ibrida". Lo scienziato ha abbandonato il suo Paese, la Cina, quando di energia rinnovabile ancora non parlava nessuno. In pochi anni il mondo è cambiato. "Ora c'è molta attenzione, sono in contatto con diverse aziende innovative – conclude -. Gli Stati Uniti sono ancora il posto migliore per fare ricerca, ma in futuro potrei anche tornare in Cina". luca.salvioli@ilsole24ore.com 1 ottobre 2009
Strutture, certificazione d'albergo di Marco Masciaga commenti - | condividi su Facebook|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 28 settembre 2009 Per decenni gli hotel indiani sono stati sinonimo, a una estremità del mercato, di sporcizia e incuria. E, a quella opposta, di un'opulenza così sfacciata da sedurre, e talvolta far sentire un poco in imbarazzo, anche il più navigato dei viaggiatori. Quando Marco Carrano, architetto milanese di 52 anni, si è dovuto misurare con il compito di progettare un albergo della catena americana Radisson a Kolkata, la ex Calcutta, si è trovato di fronte alla necessità di sfatare entrambi i luoghi comuni. L'hotel avrebbe dovuto offrire tutto ciò che un cliente si aspetta da quello che nel mondo dell'hospitality viene definito un full-service hotel. E allo stesso tempo avrebbe dovuto introdurre concetti come riciclo, risparmio e, più in generale, sostenibilità in un paese in cui nuovi ceti medio-alti non sembrano particolarmente inclini a scendere a patti con l'idea che il proprio tardivo ingresso en masse nella società dei consumi debba essere in qualche modo calmierato da minuscoli sacrifici a beneficio della comunità. Il risultato è un hotel che dovrebbe aprire le proprie porte al pubblico alla fine del prossimo anno e che, assieme al Park Hotel di Hyderabad, aspira a imporre nuovi standard di sostenibilità nell'industria alberghiera indiana. Entrambi gli hotel, non a caso, sono stati progettati perché possano ricevere la certificazione Gold in base al Green Building Rating System del Leadership in Energy and Environmental Design (Leed). Nel caso del Radisson di Kolkata, il progetto messo a punto da Carrano, oltre a comprendere alcuni accorgimenti che sono ormai divenuti di uso comune nella maggior parte dei progetti greenfield (come il filtraggio e riciclo della pioggia per quegli utilizzi per cui non è necessaria acqua potabile), ha dovuto tenere conto di alcuni fattori come il clima e il traffico caotico che caratterizzano la megalopoli bengalese. La facciata dell'edificio, per esempio, sarà dotata di un'ulteriore barriera di vetro, pensata appositamente per abbattere l'inquinamento acustico proveniente dalle strade circostanti, mentre la superficie del tetto dell'hotel sarà occupata al 70% da una piscina. Lo scopo non è, banalmente, quello di impiegare in maniera fruttuosa un'area che rischierebbe altrimenti di andare sprecata. Ma soprattutto quello di inserire tra le camere e l'impietoso sole dei tropici un'intercapedine d'acqua in grado di accrescere l'isolamento della struttura, contribuendo ad abbassare i costi, a queste latitudini non trascurabili, legati alla climatizzazione degli ambienti. La decisione di sacrificare il tetto dell'hotel alla causa del l'isolamento termico non ha però dissuaso Carrano dall'idea di capitalizzare almeno in parte la grande quantità di energia solare disponibile in India. Di qui la decisione di spostare su due delle facciate dell'edificio, quelle rivolte a sud e a est, quei pannelli solari fotovoltaici che tradizionalmente vengono collocati sul tetto, conferendo loro quella che Carrano chiama "una funzione architettonica". Da semplice vezzo ecologista (qualche anno fa), a elemento non più marginale sul fronte dell'approvvigionamento di energia (dopo l'impennata del prezzo del petrolio del 2008), fino a diventare parte integrante del design di un edificio. Un duplice sdoganamento neppure pensabile fino a qualche anno fa. Decisamente meno visibile all'occhio dei passanti sarà invece l'installazione di un accumulatore di energia che permetterà di capitalizzare sull'offerta di corrente elettrica a basso costo delle ore notturne per poi impiegarla in quelle fasi della giornata in cui le tariffe sono più elevate. Nel caso del Park di Hyderabad, parte di una piccola catena indiana di hotel con una spiccata attenzione al design, il tetto, non ospitando una piscina, è stato rivestito di materiali in grado di garantire un solar reflectance index elevato. Mentre nei parcheggi sarà offerta la possibilità ai (per il momento rari, in verità) possessori di auto elettriche di ricaricare le proprie piccole Reva made in Bangalore direttamente in albergo. Una scelta che al momento riveste un valore più simbolico che pratico, ma che va nella direzione di non discriminare chi compie scelte rispettose dell'ambiente. 28 settembre 2009
La gestione del rifiuto arriva porta a porta di Andrea Curiat commenti - | condividi su Facebook|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 28 settembre 2009 I cassonetti? Articoli da museo. La nuova strategia "rifiuti zero", messa in atto da molti comuni italiani, sta eliminando dalle strade i vecchi, sporchi e maleodoranti bidoni della spazzatura, mandando finalmente in pensione anche i rumorosi, sporchi e maleodoranti camion della nettezza urbana. La raccolta dei rifiuti, oggi, è effettuata di porta in porta da addetti che guidano modernissime ed ecologiche vespe elettriche. I risultati non giovano soltanto al decoro urbano, ma anche all'ambiente, in una prospettiva di reale sviluppo sostenibile. In questo modo, infatti, si producono meno rifiuti, si aumenta la percentuale di materiali riciclati, si riducono le emissioni di sostanze inquinanti pro-capite. Non tutti i comuni, però, sono al passo con i tempi, e alcuni sono più virtuosi di altri. Legambiente stila ogni anno una classifica dei "Comuni ricicloni", calcolando per ogni centro italiano un indice di buona gestione dei rifiuti. L'indicatore si basa su 23 diversi parametri, tra cui la produzione di spazzatura pro-capite, la quantità di raccolta differenziata per tipologia di materiale, l'attivazione dei servizi di ritiro a domicilio e persino l'incidenza dei flussi turistici sui dati delle singole città e paesi. Nel rapporto "Comuni ricicloni 2009", il vincitore assoluto della classifica stilata da Legambiente su dati 2008 è stato il comune di Cessalto (in provincia di Treviso). L'agglomerato da 3.754 abitanti ha ottenuto un punteggio di 87,60 punti su 100, il più alto in Italia, con una percentuale di rifiuti riciclati del 77,8% e una riduzione delle emissioni di Co2 pari a oltre un quintale pro-capite. Il sindaco Giovanni Artico commenta così i risultati: "Abbiamo fatto un vero e proprio balzo in avanti dai 75 punti del rapporto Legambiente 2008. In realtà, il miglioramento della gestione rifiuti è in atto nel comune già da anni". Nel 2001, infatti, il comune ha avviato la raccolta porta a porta, per poi ritirare nel 2006 tutte le campane e i cassonetti dalle strade. "Abbiamo quindi costruito una piattaforma ecologica pubblica per lo smaltimento di rifiuti ingombranti – aggiunge il sindaco –, un investimento da 500mila euro". Il passo successivo è stato il passaggio dalla tassa per la spazzatura a una tariffa proporzionale alla produzione pro capite: "Questo – aggiunge Artico – ha spinto la gente a produrre meno rifiuti". Il costo della gestione dei rifiuti per il comune di Cessalto? Circa 267mila euro, una spesa che – assicurano dal Comune – è cresciuta in misura minima negli ultimi anni. "Bisogna però ammettere che questo tipo di iniziative non è possibile ovunque – conclude il sindaco –. Nei borghi con un centro medioevale, nelle grandi città e persino nei paesi di collina e montagna, attuare una raccolta porta a porta spinta diventa molto difficile, se non impossibile". Nonostante questi evidenti limiti morfologici, altri comuni si trovano nella posizione di offrire un esempio virtuoso di sostenibilità ambientale. "Siamo periodicamente invitati da altri comuni per condividere la nostra esperienza e diffondere un vero e proprio approccio culturale innovativo alla gestione dei rifiuti", afferma Giorgio Del Ghingaro, sindaco di Capannori. Il comune ha annunciato nel 2007 l'adozione della strategia internazionale "rifiuti zero", che si propone di eliminare alla radice il problema dello smaltimento rifiuti riducendo il più possibile la quantità di scarti non riciclati. "Abbiamo organizzato centinaia e centinaia di assemblee – aggiunge Del Ghingaro – per convincere ed educare oltre 45mila abitanti in diverse 40 frazioni del comune. Ne è valsa la pena: i rifiuti prodotti sono diminuiti a una media del 10% l'anno, e proprio nell'ultimo mese c'è stato un abbattimento del 32 per cento". Il trend ha generato una corrispondente diminuzione delle spese di smaltimento, che ha consentito a sua volta di innestare un sistema di incentivi per gli abitanti. "Restituiamo fino al 30% della parte variabile della tariffa a chi fa autocompostaggio dei rifiuti. Con i soldi risparmiati abbiamo anche potuto assumere 40 nuovi addetti nell'azienda di raccolta locale". Un circolo virtuoso su cui si fondano altre iniziative: anche a Capannori la raccolta porta a porta ha sostituito completamente i cassonetti, è in fase di realizzazione la terza isola ecologica e sono stati installati distributori di latte e detersivi per ridurre l'utilizzo di imballaggi. "La prossima frontiera – conclude il sindaco – è arrivare all'elaborazione di una tariffa puntuale, personalizzata per ogni nucleo famigliare e per ogni utente". 28 settembre 2009
Fotovoltaico: "Il futuro è nel silicio su vetro" di Luca Salvioli commenti - | condividi su Facebook|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 21 settembre 2009 Il professor Martin Green Gas serra in calo del 2,6%, mai così negli ultimi 40 anni Dossier Nuove Energie Il futuro del fotovoltaico è nel silicio sul vetro. Ne è convinto Martin Green, professore della University of new south wales di Sydney, considerato uno dei pionieri mondiali della tecnologia che permette di produrre corrente elettrica con l'energia del sole. Green ha messo le mani sul primo pannello fotovoltaico sul finire degli anni Sessanta. Ha fondato il suo laboratorio nel 1971 e vissuto le diverse fasi alterne di interesse e oblio che hanno attraversato l'industria fino ad oggi. "Siamo riusciti a superare il momento più difficile, tra gli anni Settanta e la metà degli anni Novanta, dove sul fotovoltaico c'era poca attenzione e scarsissimi investimenti" spiega a margine del "Chemistry and physics of materials for energetics", la prima scuola interamente dedicata ai materiali per le applicazioni energetiche che ha radunato all'Università di Milano-Bicocca diversi esperti del settore a livello mondiale. E' così che è diventato uno riferimento mondiale in materia. Dai suoi laboratori sono passati studenti come Zhengrong Shi, il fondatore di Suntech, leader mondiale nella manifattura di pannelli al silicio, che continua a collaborare con l'università australiana. Pochi giorni fa ha fatto il giro del mondo la notizia del nuovo primato mondiale di efficienza delle celle raggiunto a livello sperimentale con una percentuale del 43%. Risultato raggiunto da Green e suoi collaboratori mettendo a punto un sistema a multi-celle in silicio, capace di catturare una porzione più ampia dello spettro della luce solare. Lo studioso australiano ha raggiunto il primo record nel 1989, con la singola cella più efficiente (20%, poi portato dallo stesso laboratorio al 25%). Ha vinto diversi premi, ma risponde alle domande tenendo i piedi per terra, attenendosi ai numeri, sottolineando la distanza tra ricerca e scala industriale. Lo ripete spesso: "Un conto è la ricerca, un conto la commercializzazione". Il record raggiunto quasi vent'anni fa è però "vicino anche a livello industriale - spiega Green - la Suntech, con la nuova tecnologia "Pluto", a breve arriverà valori molto simili con le celle in silicio monocristallino". L'obiettivo degli studi continua a essere lo stesso da quasi quarant'anni: "Lavoriamo sui materiali, cercando di migliorare le performance dei pannelli e i ridurre i costi di produzione. Siamo attivi su diversi filoni. Il primo è quello del silicio tradizionale. Il secondo quello del film sottile". Una tecnologia di cui si parla da tempo, con crescente attesa per i vantaggi che potrà avere soprattutto in termine di costi. Secondo diverse stime potrebbe arrivare al 20% del mercato entro il 2020. Il materiale attualmente più utilizzato è il tellururo di cadmio, seguito dal diseleniuro di indio rame e il silicio amorfo. Secondo Green, però, nessuna delle tre soluzioni rappresenterà il futuro del fotovoltaico. "Il tellururo di cadmio è certamente il miglior materiale al momento, solo che si tratta di un elemento scarso in natura. La First solar, leader mondiale nel segmento, se dovessere aumentare di dieci volte la produzione andrebbe oltre la disponibilità. Guardando sul lungo periodo siamo convinti che la migliore soluzione sia integrare il silicio policristallino sul vetro". Il risultato è un film sottile spesso circa due micron, ovvero 150 volte meno di un wafer di silicio tradizionale. "La First solar ha raggiunto un'efficienza del 10,5% a livello commerciale, più o meno lo stesso valore a cui siamo arrivati in laboratorio con il silico su vetro". In laboratorio, non sulle macchine di produzione. Simili anche i costi di produzione, intorno al dollaro per Watt. Della commercializzazione se ne occuperà la Csg solar, ma "al momento abbiamo deciso di continuare con la ricerca per arrivare sul mercato con un risultato affidabile e più economico", prosegue. Il fotovoltaico rappresenta però a livello mondiale una fetta piccolissima del fabbisogno energetico complessivo. Cosa ci si può aspettare per i prossimi anni? "È molto difficile dirlo - risponde Green - Ci sono diversi passi da fare. Il primo è il raggiungimento della grid parity, ovvero la competitività dei prezzi con le fonti tradizionali. L'Italia potrebbe essere uno dei primi paesi al mondo a tagliare il traguardo. Poi bisogna fare dei passi avanti per lo stoccaggio dell'energia, in modo da utilizzarla anche quando non c'è il sole". Quanto alle quote di mercato "l'Epia (l'associazione europea del settore) stima il raggiungimento del 12% entro il 2020". C'è chi ritiene che l'obiettivo potrà essere agguantanto solo puntanto su grosse centrali, chi invece crede che la natura del fotovoltaico sia l'integrazione sugli edifici e sui capannoni industriali, e quindi la microgenerazione. "Con le grosse centrali si ottengono grandezze di scala che permettono di spendere meno - ammette Green - però il grande tratto distintivo del fotovoltaico è che si può mettere sui tetti delle case e collegarlo alla rete elettrica". luca.salvioli@ilsole24ore.com
Eolico off-shore: in Danimarca la centrale più grande. Primi passi in Italia di Luca Salvioli commenti - | condividi su Facebook|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 16 settembre 2009 GALLERIA FOTOGRAFICA Eolico offshore: il primato è danese VIDEO In Norvegia il primo impianto "galleggiante" Scrivi al Dossier Nuove Energie Dossier Nuove Energie La Danimarca inaugura la più grande centrale eolico offshore al mondo, pochi giorni dopo che in Norvegia è stato messo nelle acque il primo impianto galleggiante (Hywind). Il tentativo di sfruttare tutte le potenzialità del vento per produrre energia elettrica vede nell'off-shore, ovvero nelle centrali in mare, una delle strade più battute. L'Inghilterra è il Paese con più centrali, seguita dalla Danimarca. Il Nord Europa, con venti abbondanti al largo delle coste, è l'area dove si concentrano più progetti. Ma anche negli Stati Uniti, a pochi mesi dallo sblocco burocratico, le previsioni dicono che i venti in mare potrebbero garantire il 20% dell'energia necessaria, motivo per cui si stanno facendo avanti diversi investitori. Il vento del mare come fonte energetica inizia a muovere i primi passi anche in Italia. Il ministo ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha dato il via libera al decreto per la valutazione ambientale per il primo impianto in mare sulle coste del nostro Paese, in Molise. Il governatore regionale ha già detto che farà di tutto per impedirne la realizzazione e tutelare il paesaggio. Il progetto danese. Horns Rev 2, realizzato dalla utility "Dong Energy" a largo dello Jutland, è la più grande postazione a energia eolica off-shore al mondo con 91 turbine posizionate a 30 km dalle coste per una superficie di 35 km quadrati. Le torri, prodotte da Siemens, sono alte 114,5 metri e il diametro del rotore è di 93 metri. Previsioni nella Ue. Le turbine eoliche in mare aperto potrebbero garantire il 13-17% dell'elettricità necessaria all'Europa nel 2030 secondo l'Associazione europea dell'energia eolica (Ewea), mentre le attuali installazioni rappresentano attualmente solo lo 0,2% della richiesta elettrica europea. Per farlo ci vuole un'azione coordinata da parte della Commissione europea, dei governi Ue, delle authority di settore, degli operatori di rete e del settore eolicoNel rapporto Ewea presentato a Stoccolma è scritto che in Europa sono in corso di sviluppo o sono stati proposti progetti per una capacità di 100 gigawatt. "Se realizzati, tali progetti produrrebbero il 10% dell'elettricità dell'Unione europea evitando al tempo stesso ogni anno l'emissione di 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica", dice l'associazione. In Italia? Il vento dei nostri mari non è così abbondante. C'è un potenziale, certamente non enorme. Pochi giorni fa il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha approvato il decreto per la valutazione di impatto ambientale di quello che potrebbe essere il primo impianto del genere nel Paese. Secondo il progetto della Effeventi di Milano il parco dovrebbe sorgere al largo della costa molisana, di fronte alla costa di Petacciato, a cinque miglia dalle spiagge di Termoli e a un paio da quelle di Montenero di Bisaccia: 54 torri alte 80 metri su uno specchio d'acqua di 25milioni di metri quadrati della potenza complessiva di 162 megawatt, per 450 milioni di chilowattora di energia prodotta. Il presidente del Molise, Michele Iorio (Pdl), ha già detto che farà di tutto per impedirne la costruzione, evitando i danni paesaggistici. Enel ha invece depositato un progetto a luglio 2008. Prevede l'installazione di 115 generatori di grande taglia che avranno una potenza compresa tra i 3 e i 5 Megawatt ciascuno nelle acque del Golfo di Gela ad una distanza minima di 3 miglia dalla costa, tra i comuni di Licata (Agrigento), Butera e Gela (Caltanissetta). Il progetto - sviluppato da una joint-venture costituita tra Enel (57%) e Moncada Costruzioni (43%) - è in attesa delle autorizzazioni. 16 settembre 2009
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Strutture, certificazione d'albergo
di Marco Masciaga
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28 settembre 2009
Per decenni gli hotel indiani sono stati sinonimo, a una estremità del mercato, di sporcizia e incuria. E, a quella opposta, di un'opulenza così sfacciata da sedurre, e talvolta far sentire un poco in imbarazzo, anche il più navigato dei viaggiatori. Quando Marco Carrano, architetto milanese di 52 anni, si è dovuto misurare con il compito di progettare un albergo della catena americana Radisson a Kolkata, la ex Calcutta, si è trovato di fronte alla necessità di sfatare entrambi i luoghi comuni. L'hotel avrebbe dovuto offrire tutto ciò che un cliente si aspetta da quello che nel mondo dell'hospitality viene definito un full-service hotel. E allo stesso tempo avrebbe dovuto introdurre concetti come riciclo, risparmio e, più in generale, sostenibilità in un paese in cui nuovi ceti medio-alti non sembrano particolarmente inclini a scendere a patti con l'idea che il proprio tardivo ingresso en masse nella società dei consumi debba essere in qualche modo calmierato da minuscoli sacrifici a beneficio della comunità.
Il risultato è un hotel che dovrebbe aprire le proprie porte al pubblico alla fine del prossimo anno e che, assieme al Park Hotel di Hyderabad, aspira a imporre nuovi standard di sostenibilità nell'industria alberghiera indiana. Entrambi gli hotel, non a caso, sono stati progettati perché possano ricevere la certificazione Gold in base al Green Building Rating System del Leadership in Energy and Environmental Design (Leed).
Nel caso del Radisson di Kolkata, il progetto messo a punto da Carrano, oltre a comprendere alcuni accorgimenti che sono ormai divenuti di uso comune nella maggior parte dei progetti greenfield (come il filtraggio e riciclo della pioggia per quegli utilizzi per cui non è necessaria acqua potabile), ha dovuto tenere conto di alcuni fattori come il clima e il traffico caotico che caratterizzano la megalopoli bengalese. La facciata dell'edificio, per esempio, sarà dotata di un'ulteriore barriera di vetro, pensata appositamente per abbattere l'inquinamento acustico proveniente dalle strade circostanti, mentre la superficie del tetto dell'hotel sarà occupata al 70% da una piscina. Lo scopo non è, banalmente, quello di impiegare in maniera fruttuosa un'area che rischierebbe altrimenti di andare sprecata. Ma soprattutto quello di inserire tra le camere e l'impietoso sole dei tropici un'intercapedine d'acqua in grado di accrescere l'isolamento della struttura, contribuendo ad abbassare i costi, a queste latitudini non trascurabili, legati alla climatizzazione degli ambienti.
La decisione di sacrificare il tetto dell'hotel alla causa del l'isolamento termico non ha però dissuaso Carrano dall'idea di capitalizzare almeno in parte la grande quantità di energia solare disponibile in India. Di qui la decisione di spostare su due delle facciate dell'edificio, quelle rivolte a sud e a est, quei pannelli solari fotovoltaici che tradizionalmente vengono collocati sul tetto, conferendo loro quella che Carrano chiama "una funzione architettonica". Da semplice vezzo ecologista (qualche anno fa), a elemento non più marginale sul fronte dell'approvvigionamento di energia (dopo l'impennata del prezzo del petrolio del 2008), fino a diventare parte integrante del design di un edificio. Un duplice sdoganamento neppure pensabile fino a qualche anno fa. Decisamente meno visibile all'occhio dei passanti sarà invece l'installazione di un accumulatore di energia che permetterà di capitalizzare sull'offerta di corrente elettrica a basso costo delle ore notturne per poi impiegarla in quelle fasi della giornata in cui le tariffe sono più elevate.
Nel caso del Park di Hyderabad, parte di una piccola catena indiana di hotel con una spiccata attenzione al design, il tetto, non ospitando una piscina, è stato rivestito di materiali in grado di garantire un solar reflectance index elevato. Mentre nei parcheggi sarà offerta la possibilità ai (per il momento rari, in verità) possessori di auto elettriche di ricaricare le proprie piccole Reva made in Bangalore direttamente in albergo. Una scelta che al momento riveste un valore più simbolico che pratico, ma che va nella direzione di non discriminare chi compie scelte rispettose dell'ambiente.
28 settembre 2009